Attualità

Ecco il mio intervento occasione del consiglio comunale aperto sulla sanità che si è tenuto lo scorso 18 luglio: superamento delle contrapposizioni e lavoro in sinergia gli obiettivi per creare una nuova sanità di comunità.

Ringrazio il sindaco, la giunta e il consiglio comunale lucchese per l’invito e per l’occasione che avete creato di discutere su un tema così importante per la nostra città e per il nostro territorio, e vi riconosco e apprezzo molto, anche avere allargato la discussione oltre i nostri confini comunali, intendendo la sanità quindi come una questione territoriale e non una sola questione comunale. Una cosa nuova, che non era mai successa, almeno che io ricordi e che vorrei sottolineare perché anche se mi colloco all’opposizione rispetto a questa amministrazione, credo sia giusto avere sempre quell’onestà intellettuale di riconoscere quando una cosa viene fatta bene. In questo senso mi auspico ed ho molta aspettativa dal consiglio di oggi, perché spero che il ragionare insieme porti anche ad un superamento delle divisioni territoriali e a guerre di campanili che in questi anni hanno contribuito a rallentare una programmazione più ampia da parte della politica locale troppo spesso impegnata nella contrapposizione più che nella programmazione.

“Sono passati troppo in silenzio i primi dieci anni dell’ospedale San Luca, festeggiati dall’azienda, con la presenza del sindaco e della Regione ma, senza alcun tipo di dibattito in città e non credo sia casuale. Quella contrapposizione di cui parlavo prima hanno per anni spostato l’attenzione sul contenitore e poco sul contenuto, almeno nel dibattito pubblico, facendo sempre andare l’ospedale alle cronache per le criticità e troppo poco invece per le sue eccellenze che ci sono e che meritano di essere valorizzate, anche pubblicamente. Come fa ad essere attrattivo un presidio ospedaliero se ne parliamo solo per le cose che non funzionano? Voi lavorereste in un luogo che ogni giorno viene attaccato per qualche motivo? Ecco io credo che questo non sia stato e non sia giusto e rispettoso soprattutto per tutti gli operatori sanitari che ci lavorano e che in questi anni, hanno dimostrato grande professionalità e competenza. Lo stesso vale per il pronto soccorso di Lucca. E’ normale che chi lavora in pronto soccorso per fini politici faccia passare ogni giorno il messaggio che il pronto soccorso non è un luogo sicuro dove farsi curare?”

“Possibile che la percezione della sanità in Toscana sia peggiore da parte di chi non utilizza i servizi
rispetto a chi invece ne usufruisce? Io non sono assolutamente per tacere le criticità, chiunque mi
conosce sa che non ho mai fatto sconti nemmeno alla mia parte politica su questi temi, sono arrivata
anche a dimettermi dalla presidenza della commissione sociale e sanità in passato, quindi non credo
di poter essere accusata di partigianeria ma trovo davvero poco corretto ogni giorno “sputare nel
piatto dove si mangia” a scapito dei colleghi, di tutti quelli che si sono rimboccati le maniche in un
momento di grande difficoltà del pronto soccorso lucchese che finalmente inizia a vedere nuove assunzioni. Che clima può esserci quando sei costantemente sotto attacco? Ecco io non dico di non
criticare, perché ripeto sono la prima che lo fa, chiedo solo che si rispettino i professionisti che ci
lavorano e anche il lavoro della direttrice senza creare il panico tra le persone contribuendo a creare
sfiducia nel sistema, questo non serve a nessuno. Serve certo insistere tutti insieme affinché si continui con il piano di assunzioni perché l’organico deve essere ancora potenziato, così come deve essere
potenziato l’organico della struttura ospedaliera che non è svincolata dal buon funzionamento del
pronto soccorso, penso alla radiologia, alla radiologia interventistica o per esempio al tema del
servizio trasporti per i pazienti dimissionari. Lucca ha avuto l’opportunità a differenza di altre città in Toscana, di avere per tempo un ospedale moderno, innovativo sia in termini organizzativi che di tecnologia. Ma per funzionare bene il modello dl alta intensità di cura deve essere in grado di rimodulare i processi su un numero più ristretto di prestazioni complesse e ad alta criticità e allo stesso tempo, attivarsi per garantire e assicurare i servizi anche in altra modalità come per esempio da remoto, tecnologie evolute e competenze multidisciplinari e multiprofessionali”.

Se parliamo di pronto soccorso, bisogna ricordarci che questo non è un imbuto ma, fa parte di una
filiera molto più grande che va dal PS, passa attraverso l’ Ospedale per acuti e arriva su territorio, attraverso strutture appropriate come le case di comunità, le RSA, l’hospice etc. L’ effetto imbuto si può superare solo attraverso un forte monitoraggio e una forte sinergia di lavoro di tutta la filiera che deve essere fortemente presidiata da tutti i soggetti preposti e che non può non vedere un grande lavoro in rete, perché sanità, territorio e soprattuto sociale devono andare di pari passo se vogliamo dare alla popolazione dei servizi adeguati non solo in termini sanitari ma anche socio sanitari. E su questo credo che ci sia ancora molto molto da fare e che spetti ai sindaci, a braccetto con l’azienda, la regione e il territorio nelle sue articolazioni zonali e con i coinvolgimento del terzo settore. Ed è evidente come in questo contesto assuma una particolare importanza la collaborazione tra sociale e sanitario, con l’ovvia necessità di un coordinamento anche con il terzo settore. Questo non è un passaggio secondario, riguarda la prevenzione negli accessi al pronto soccorso ma è soprattuto un punto di vista di cui oggi non possiamo più fare a meno, perché un tasso di natalità ai minimi storici e una popolazione che invecchia facendo aumentare in modo esponenziale l’aspettativa di vita, se vogliamo salvare il nostro welfare dal collasso e garantire i servizi ai cittadini non possiamo non lavorare su tutte quelle che sono le determinanti di salute adottando quello che viene definito approccio ONE HEALTH, ovvero un sistema integrato che affronti in tutte le politiche quelle che sono le minacce per la salute, approccio che stiamo adottando in regione ma che per funzionare deve necessariamente calarsi sul territorio. E qui dobbiamo fare lo sforzo di lavorare tutti insieme e in modo integrato cambiando anche i nostri schemi mentali. E qui ritorno sul sociale perché se vogliamo che la sanità funzioni non possiamo non avere un sociale forte.

Faccio un esempio concreto. Se non potenziamo l’assistenza domiciliare agli anziani o non potenziamo i posti letto disponibili nelle RSA e quindi chiedo all’azienda un aumento delle quote sanitarie, come possiamo pensare che non ci siano poi utilizzi impropri di posti letti destinati ad altro per esempio? Oppure tutto il tema della salute mentale, se siamo tra le province con un più alto consumo di antidepressivi e più alto numero di ricoveri e riricoveri legati a queste patologie, forse è arrivato il momento di studiare le cause e provare ad intervenire? Userò una frase banale e anche fin troppo abusata per chiudere ma non credo che possa esserci altro metodo se non quello dell’unione che fa la forza, l’epoca del facciamo tutto da tutte le parti non è più possibile e sostenibile, cerchiamo davvero di metterci insieme con una visione di territorio e non di campanile e proviamo finalmente a disegnare tutti insieme in base ai bisogni di oggi ma soprattutto ai bisogni futuri servizi che siano in grado di poterci definire davvero comunità.

Valentina Mercanti

Sono nata il 5 maggio 1982 a Lucca, dove vivo con Luca, mio marito, e Nando, il nostro cane. Tra i suoi paesi e le affollate vie del centro ho coltivato l'amore per il nostro immenso patrimonio di arti e mestieri, da tutelare e sostenere con ogni mezzo. Così, dopo una significativa esperienza di volontariato in Emergency, nel 2012 ho avviato il mio impegno politico con l'adesione al progetto del Partito Democratico. Prima in città e oggi in Regione, ma da allora sono fiera di poter lavorare ogni giorno per la mia comunità e il nostro straordinario territorio.